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Il Monte Molinatico è una montagna dalla forma arrotondata e quasi Interamente ricoperta da boschi. Questo itinerario, privo di difficoltà, conduce, percorrendo vecchie mulattiere, alla scoperta delle foreste che ricoprono il monte, del piccolo Lago Martino, del lago dell’Orma e delle tracce glaciali presenti sulla montagna e dei panoramici prati sommitali del Molinatico, ricoperti di straordinarie fioriture all’inizio dell’estate. Il percorso attraversa una delle più belle e maestose fustaie di faggio dell’Appennino parmense. Questa deriva da una conversione, effettuata negli anni 1940-1942, di un ceduo proveniente da un taglio effettuato negli anni 1915-1918. Quest’ultima utilizzazione era stata fatta dai prigionieri austriaci che, per l’esbosco del legname avevano provveduto a costruire una via di smacchio dotata di carrelli, donde il nome strada dei carrelli.
Chalet Monte Molinatico.
Il percorso inizia dallo Chalet del Monte Molinatico (1230m, WP01), è possibile raggiungerlo percorrendo la strada statale che collega Fornovo a Borgotaro. Giunti in prossimità di Ostia Parmense si abbandona la statale e si seguono le indicazioni per Baselica. Raggiunta la frazione si prosegue in direzione del Monte Molinatico e grazie una ripida stradina asfaltata si raggiunge il parcheggio dello Chalet.
Dal parcheggio si comincia seguendo la carrozzabile scendendo dallo Chalet, lambendo la fustaia dei faggi ( segnavia Cai 839A). Il sentiero inizia sulla Dx dalla vecchia mulatteria detta dei carrelli di sotto, dopo breve tempo si giunge alla Sorgente della Lubassia e, poco più avanti, ad un’altra ricca sorgente, denominata Fontana delle Rose.
Proseguendo lungo il tracciato, si giunge al Lago dell’Orma (1230m, WP05, 30′) : si tratta ad una torbiera ricca di specie caratteristiche legate a quel particolare ambiente, tra le quali spicca una specie carnivora, la Drosera rotundifolia, che ha un comportamento piuttosto curioso e comunque ben diverso dalle normali specie vegetali. Le foglie della piantina sono munite, sulla pagina superiore, di peli glandolosi che secernono una sostanza vischiosa che può anche digerire le proteine. Se un insetto viene a posarsi su una foglia, per una reazione chemiotattica i peli si ripiegano su di esso aumentando la secrezione del succo, che in breve tempo digerisce e decompone la malcapitata vittima; il succo stesso viene riassorbito poi dai peli che si rizzano nuovamente lasciando che i resti chitinosi dell’animaletto vengano asportati dal vento o dalla pioggia. Le straordinarie foglie della rosolida, ricche di peli ghiandolari pronti ad entrare in azione se stimolati da qualche piccolo invertebrato che fornirà suo malgrado proteine digeribili alla pianta, sono in realtà un adattamento volto a compensare la povertà di sostanze organiche azotate utilizzabili in ambienti particolari come torbiere, paludi, ecc.
Proseguendo lungo il sentiero si arriva ad un’altra fermata di notevole valenza ambientale: lo sfagneto delle “Spadene” (1238m, WP06, 5’/35′), anch’esso caratterizzato dalla presenza di numerose specie adattate a quel particolare ambiente. Rispetto al Lago dell’Orma, tuttavia, ha una forma molto più allungata e al suo interno è di norma possibile camminare senza pericolo di sprofondamento; si trova infatti in una fase evolutiva più avanzata verso il prosciugamento al quale sono in genere destinati questi ambienti. Il prato è attraversato da un ruscello che nasce dalla sorgente situata al confine tra la faggeta e lo sfagneto. Tale sorgente è stata sistemata e captata, con creazione di una fontana a deflusso libero, utilizzando materiale a basso impatto ambientale come pietre a faccia vista.
Poco oltre si giunge a un bivio (cartelli) (1252m, WP07, 5’/40′) trascuriamo il sentiero a Sx che si dirige Verso il termine del Gatto e proseguiamo in salita per attraversare poco dopo un’altra ricca sorgente, chiamata Capanne Vecchie o Rio delle Arole (1312m, WP08, 20’/1h). Al bivio successivo (1352m, WP09, 5’/1h 05′) abbandoniamo il nostro sentiero per dirigerci momentaneamente a DX sul CAI 839 per fare visita al Lago Martino (1366m, WP10, 5’/1h 10′). Si tratta di un piccolo laghetto appenninico alimentato dal un ruscello che scende direttamente dal Monte Molinatico. E’ da notare che, all’epoca della realizzazione dell’invaso, furono ritrovati reperti di legno di abete bianco, a testimonianza dell’esistenza di tale conifera indigena sui versanti del M. Molinatico parecchie migliaia di anni fa. A quel tempo le condizioni climatiche ne facevano la specie climax, cioè le specie dominante per quelle condizioni stazionali, mentre adesso è scomparsa a favore del faggio. La cima del Molinatico, che raggiunge l’altitudine di 1.550 metri s.l.m., si erge maestosa dalla foresta che circonda il lago; da qui è possibile raggiungerla tramite numerosi sentieri di facile individuazione.
Costeggiate le sponde del lago si ritorna sui propri passi fino a raggiungere di nuovo il crocevia dove il sentiero 839A proveniente dal Lago dell’Orma si innesta sull’839, proseguiamo su qest’ultimo e seguendo gli abbondanti segnavia risaliamo la faggeta fino raggiunge la dorsale principale, a breve distanza dalla Bocca di Malzapello (1419m, WP13, 20’/1h 30′) (detta anche Rocca di Malzapello), passo situato tra il Monte Pelata e il Monte Molinatico.
Seguendo le indicazioni per quest’ultima località (cartelli) si svolta a destra e, superato un cippo di pietra del 1828 (che indicava il confine tra il Ducato di parma e Granducato di Toscana) (1424m, WP14, 5’/1h 35′) si incomincia a seguire il sentiero CAI 00 che risale le erbose e panoramiche pendici della montagna. Nei prati sommitali così come nella sottostante faggeta e nelle aree umide, il Molinatico ospita grande varietà di specie floreali. Si distinguono in lontananza i caratteristici profili delle Alpi Appuane, del Monte Orsaro e dominando la sottostante Lunigiana, si tocca la sommità del Monte Molinatico (1579m, WP16, 25’/2h 00′), purtroppo deturpata da numerose antenne di telecomunicazione. Continuando a percorrere la facile dorsale si lasciano alle spalle le installazioni, scendendo con pendenza costante e moderata tra ampi prati si incontra un’altro cippo confinario ottocentesco (1501m, WP17, 05’/2h 05′).
Giunti ad un bivio (1429m, WP18, 10’/2h 15′) in corrispondenza di un’ampia sella, si ignora il sentiero a Dx che scende verso il Prato del Cuccù e lo Chalet e si continua sullo 00 (cartelli). Il sentiero si inoltra poco dopo nel bosco (un breve tratto non è previsto di adeguati segnavia) e si compie un ripido tratto in discesa, si guado il canale di Macchia Grande (1254m, WP19, 25’/2h 40′) e si raggiunge un vasto prato che precede il crinale. Tenendo la destra si continua a seguire il sentiero 00 che in questo punto coincide con un’ampia sterrata. Superata una prima sommità (1277m, WP20, 10’/2h 50′) dove troviamo ancora un cippo confinario ottocentesco, al successivo bivio (1259m, WP21, 15’/3h 05′) si abbandona il CAI 00 e si prende a dx per il CAI 839b.
In breve tempo il sentiero sbuca sulla sterrata proveniente dai Vighini (1197m, WP22, 15’/3h 20′), si guada nuovamente il canale di Macchia Grande (1198m, WP22). Superato il ruscello si può scendere a sx nel boschetto per un breve tratto per ammirare una bellissima cascata.
Ritornati sul sentiero si prosegue in mezzo ad un rado bosco e si sbuca quasi subito nella radura di “Ordibase”: si tratta di un ex pascolo, purtroppo in fase di inselvatichimento, dal quale è possibile ammirare un panorama veramente stupendo, con Borgo Val di Taro ed il Monte Pelpi in primo piano e la catena del Maggiorasca e del Monte Penna in secondo piano. Le Ordibase sono ricchissime di fioriture, con varie specie di orchidee e gigli.
Il sentiero rientra poi nella splendida faggeta fino a raggiungere l’ampia radura del “Prato del Cucù di Sotto” (1260m, WP24, 30’/3h 50′) qui il sentiero 839b prosegue a Sx e in poco tempo si raggiunge lo Chalet (1230m, WP24, 10’/4h 00′).
Il sentiero dei Carrelli.
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La foresta che ricopre le pendici settentrionali del Monte Molinatico è uno splendido esempio di fustaia di faggio, bosco d’alto fusto in cui gli alberi vengono tagliati ad intervalli di 100 – 120 anni e che fornisce per questo legname da lavoro.
La fustaia del Molinatico deriva però dalla conversione, attuata tra il 1940 e il 1942, di un precedente bosco ceduo, caratterizzato da tagli più frequenti (tra i 15 e i 30 anni) e quindi da piante più piccole, spesso usate per la produzione di carbone e di legna da ardere. Il ceduo derivava a sua volta da un taglio effettuato durante la Prima Guerra Mondiale (1915 – 1918) da prigionieri austriaci che avevano anche costruito una mulattiera per il trasporto del legname dotata di carrelli Decouville.
Da questo «mezzo di trasporto» deriva il nome del sentiero. In prossimità dello Chalet si trova ancora anche un piccolo spiazzo (detto «Buca delle Felci) creato per l’installazione del pilone della teleferica che doveva portare a valle il legname tagliato e condotto fino a questo punto con i citati carrelli.
Questo itinerario, altamente «didattico» e privo di difficoltà, conduce, percorrendo vecchie mulattiere, alla scoperta delle foreste che ricoprono il monte, del piccolo Lago Martino, delle tracce glaciali presenti sulla montagna e dei panoramici prati sommitali del Molinatico, ricoperti di straordinarie fioriture all’inizio dell’estate.
Lungo questo primo tratto di percorso è possibile vedere sul terreno le tracce lasciate dalle «piazzole» o «aie» carbonili.
Qui i carbonai riunivano la legna e costruivano le caratteristiche cataste a forma di tronco di cono, lasciando una sorta di «bocca da forno» alla base e un «camino» all’estremità superiore. Ricoprendo poi tutto di terra e di foglie veniva dato fuoco alla catasta attraverso la «bocca» e poi nei giorni seguenti, il carbonaio controllava la combustione (che durava tra i tre e i dodici giorni) in modo che la legna bruciasse con la necessaria lentezza ed omogeneità fino ad ottenere il carbone di legna.
Quest’ultimo fu per secoli il combustibile di tutte le popolazioni appenniniche ed un prodotto che poteva essere «commercializzato» a valle, integrando in questo modo le modeste entrate economiche che caratterizzavano le famiglie che abitavano le montagne italiane nei secoli passati. Tutto questo tratto di sentiero permette inoltre di osservare alcune tracce lasciate dall’antico ghiacciaio che ricopriva questo versante del Molinatico durante l’ultima glaciazione (che raggiunse il suo massimo glaciale circa 20.000 anni fa). Si è calcolato come la coltre glaciale occupasse circa sedici chilometri quadrati ed arrivasse circa a 1200 metri di altitudine; approssimativamente all’altezza dello Chalet e del Lago dell’Orma. In prossimità del bivio tra i sentieri 839 e 839A è visibile il «gradino» formato dalla massa glaciale durante la sua fase d’arresto, mentre nel bosco sono ben riconoscibili alcune piccole colline allungate che sono state formate dai depositi morenici. La stessa forma «a ferro di cavallo» che contraddistingue il versante nord della montagna è un’altra chiara testimonianza dell’antico circo glaciale che ha modellato le forme del terreno.
Andrea Greci – Guida ai sentieri del’Appennino Parmense – Val Baganza, val Tarodine, Val Gotra – Editore: Gazzetta di Parma
Consorzio Comunalie Parmensi – I sentieri delle Comunalie
Portale Turismo Comune di Parma – Il sentiero dei carrelli di sotto e di sopra.
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